LA ‘MPOSTA
- " Partì la 'mposta! " - a qualcuno capitava detto in quella specie di agenzia di notizie che era "lu bar di lu zi' Giurlannu".
- E la " 'mposta" era partita davvero.
- Si partiva nelle notti di luna di settembre, non per scansarsi la calura estiva, ché non c'era più "austu riustu capu di 'miernu!", ma perché fosse possibile, "a la scurata" del dì successivo, giungere dalle parti di Scillato, dove avveniva una prima sosta, in un boschetto ameno e ricco di acque o presso una masseria ospitale, sulla via per Gibilmanna.
- La" 'mposta" , con la luna crescente e col suo seguito tintinnante di muli carichi di frumento, "na li visazzi o na li sacchi", dalla succursale aliese, attraverso trazzere larghe e strette, in discesa e in salita, si muoveva, guidata da un esperto "urdunaru di burgisi" che per devota consuetudine fornivano "riétina" e "capu-riétina" per il trasporto del frumento di la Madonna di " Gibilimanna", "patruna di l' àrii.."
- Arrivavano a "Lu passu di lu Bamminu", e, da oltre il passo, deviando a destra, per una via che saliva gradatamente, per ore ed ore, tra Malascarpa e Coscascinu, attraverso "li vuoschi di la Granza e di lu Cordellinu", sfiorando come una tangente l'area cerdese, ma senza nulla aver a che fare col paese della Targa allora, del Carciofo ora, giungevano finalmente a"Lu sciumi granni o sciumi Imèra..".
- Dopo aver guadato il fiume per una delle tante secche e averne percorso la riva destra, saliti un po', si era già dalle parti di Scillato."Cu' la nova stidda", quando la luna era già a tre quarti del suo cammino notturno, dopo una invocazione in gergo a la Madonna di "Gibilimanna", "la 'mposta" riprendeva l'altra parte del viaggio che le rimaneva.
Attraverso una delle regie trazzere si saliva fino a Collesano e di qui, arrivati alle falde del monte Dipilo, si deviava a destra per Isnello o a sinistra per Gratteri, secondo la preferenza di "lu urdunaru", che poteva essere determinata dalle sue origini.
- Nell'uno o nell'altro caso, le due vie, dopo un cammino lungo, erto e divergente e uno scarto di altitudine di cinquecento metri almeno, vanno ad incontrarsi su un ampio pianoro avvolto dalle sugherete, di una bellezza indicibile, per i verdi prati e le limpide fonti, ristoro del pellegrino, e perché da esso, come da un alto parterre, si può contemplare, vicinissimo, ma ancora più in su, il Santuario, della Madonna di Gibilmanna, da un lato, a mezza costa di Pizzo Sant'Angelo, e dall'altro, come in un immenso, azzurro e profondo abisso, Cefalù, la Cattedrale, e l'ampio tratto di costa e di mare da Cefalù a Palermo...
- La"riétina" continua a salire per l'ultimo tratto di strada sino al Santuario e ai magazzini del Convento. È vigilia di festa a Gibilmanna. Gli spazi circostanti sono occupati da frotte di montanari madoniti e di gente di mare. Nella chiesa c'è il vespro e, tra incensi e fiori, i frati salmodiano, cantando: "Magnificat anima mea Dominum" alla Madonna, dai delicati tratti gaginiani, che dall'alto della sua cappella guarda, riconoscente, i fedeli, col suo dolce viso di un pallore surreale... Accanto, il miracoloso Crocifisso che disse a frà Gabriele: "Qui comanda mia Madre!". Dinanzi, vasi di basilico e gabbie di canerini, interferenti con incensi e salmi...
- "Se non fosse per la stanchezza. qui è un Paradiso!" - pensò "lu urdunaru"; "Se non avessi moglie e figli, vorrei fare anch'io lu monacu, comu
frat' Angilu!".
- Domani, messa cantata e processione. Ma la "'mposta", sciolto il voto, notevolmente alleggerita, sarà già a metà del suo cammino sulla via del ritorno.
- di Didacus
- pubblicato in "La VOCE della Mamma" di Alia, nr.1/94, pag.3
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